Entra in vigore la legge per contrastare il cyberbullismo

di redazione 18/06/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Domenica 18 giugno entra finalmente in vigore, dopo quattro anni di lavori parlamentari, la legge 71/2017 contro il cyberbullismo. Una legge che si spera riempirà quel vuoto normativo che ha intaccato la rete. Lo spazio virtuale è purtroppo sempre più intasato da messaggi, immagini e video spregievoli che corrono sul web grazie agli smartphone con l’obiettivo di ferire, escludere, diffamare, ridicolizzare qualcuno. Adesso lo chiamano “cyberbullismo”.  

 Il cyberbullismo è un fenomeno ormai di emergenza sociale in costante aumento, dagli esiti psicologici davvero devastanti: stiamo parlando dell’8,5% degli adolescenti presi di mira sul web e sui social, con un incremento del 30% rispetto allo scorso anno. La legge si incentra maggiormente sulle forme di  bullismo online perché presenta dei risvolti più oscuri rispetto alle forme tradizionali. Tra le vittime sistematiche delle prevaricazioni digitali, a volte anche quotidiane, l’82% si sente frequentemente triste e depresso, il 59% ha pensato almeno una volta al suicidio e il 52% mette in atto condotte autolesive secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza e Skuola.net svolti per Una vita da Social della Polizia Postale e delle Comunicazioni.

I numeri dimostrano la frequenza dei disastrosi effetti sulla psiche e sul corpo dei giovanissimi delle violenze quotidiane in rete e delle conseguenze potenzialmente tragiche. Nelle prevaricazioni digitali, il fenomeno è amplificato, invade completamente la psiche della vittima perché c’è una maggiore esposizione a causa della velocità incontrollata con cui si diffondono i contenuti in rete.

La legge, quindi, rappresenta un segnale importante di alleanza tra i maggiori enti e istituzioni nella lotta al cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, offrendo nuovi strumenti utili per arginare un fenomeno così drammatico. Un aspetto fondamentale della legge è legato alle strategie di prevenzione e tutela, di educazione e rieducazione, piuttosto che puntare sulle misure repressive e sanzionatorie, perché solo in questo modo si può essere realmente efficaci contro il cyberbullismo. La legge, infatti, non mira a colpevolizzare semplicemente i cyberbulli ma ad attuare interventi di sensibilizzazione e responsabilizzazione, chiamando in prima linea tutti gli enti educativi più importanti, mettendo al centro, in particolare, la scuola. 

È chiaro che la legge non sia risolutiva del problema, non è la panacea di tutti i mali, ci sono sicuramente degli aspetti che vanno migliorati, ma rappresenta ad ogni modo un importante punto di partenza. Sono diversi i provvedimenti introdotti e tra i più rilevanti troviamo questi.

Segnalazioni dirette fatte dai ragazzi

La possibilità per i minori di fare le segnalazioni, senza dover passare per i genitori, e di chiedere direttamente la rimozione dei contenuti, il blocco e l’oscuramento dei profili social e di qualsiasi dato personale. Questo passaggio diretto permetterà alla vittima, che abbia compiuto almeno 14 anni, di segnalare autonomamente le prepotenze subite e far sì che si possa intervenire in maniera tempestiva, cercando di fermare la diffusione del materiale online. Un intervento immediato, infatti, considerando la velocità di diffusione nel web dei contenuti pubblicati, diventa fondamentale. Il gestore della piattaforma ha al massimo a disposizione 24 ore per prendere in carico la segnalazione e altre 24 ore per rimuovere i contenuti. Se non si provvede entro queste tempistiche, sarà possibile rivolgersi al Garante della Privacy che dovrà intervenire direttamente entro le successive 48 ore.

Far intervenire direttamente i minori significa salvare delle vite, diventando un’opportunità importante, perché consente alle vittime di non restare sole e impotenti di fronte alle violenze subite online, portandole in alcuni casi a pensare al suicidio. Gli adolescenti che hanno tentato di togliersi la vita, infatti, sono anche coloro che non hanno parlato con i genitori: molte volte, le vittime di cyberbullismo non denunciano, non ne parlano con gli adulti, anche per vergogna e paura, per timore di deluderli o di farli arrabbiare, portandosi dentro dei pesi emotivi enormi. Tuttavia, rimane aperto il problema dell’età, perché ormai sono tanti i preadolescenti che già a partire dalla scuola primaria si aprono un profilo social, sebbene non sia consentito. Quindi, sarebbe importante riflettere sul limite di età, perché nelle piattaforme social sono iscritti illecitamente tantissimi giovani che inseriscono una data di nascita non veritiera, i quali non possono usufruire della giusta tutela.

L'ammonimento per il bullo

L’inserimento della “procedura di ammonimento” in un’ottica puramente rieducativa e riparativa: una volta compiuti 14 anni, il cyberbullo, accompagnato dai suoi genitori, potrà essere convocato e ammonito dal Questore con l’intento di renderlo consapevole delle sue azioni aggressive e della gravità di certi episodi. Si punta sull'alleanza tra scuola e famiglie.

Prevenzione e formazione nelle scuole, le quali devono riacquisire un ruolo educativo importante e sostenere quella alleanza con le famiglie che si è andata via via perdendo. Ogni istituto scolastico avrà il compito di definire progetti di formazione del personale scolastico, di educazione alla legalità e all’uso consapevole della rete, con un ruolo attivo degli studenti e il coinvolgimento delle famiglie.

A farne le spese, fra le tante vittime, ricordiamo  Carolina Picchio, la studentessa di 14 anni, che il 5 gennaio 2013 si tolse la vita lanciandosi dalla finestra della sua abitazione di Novara, quartiere Sant’Agabio. Mesi prima, alcuni ragazzi dopo averla fatta bere, avevano mimato atti sessuali nei suoi confronti, riprendendo le scene con il cellulare e pubblicando tutto su un gruppo di Whats’App. La ragazza, bella, intelligente, sportiva e carismatica, trovò la sua pagina Facebook invasa di insulti. Era forte, Carolina. Ma quello era troppo anche per lei. E si gettò nel vuoto. Quella morte scosse la comunità e l’opinione pubblica. E spinse il padre, Paolo Picchio ad impegnarsi per raccogliere il messaggio lasciato dalla figlia: “Le parole fanno più male delle botte”.

Elena Ferrara, novarese, era l’insegnante di musica di Carolina alle scuole medie di Oleggio. Oggi, eletta senatrice, è la prima firmataria della legge «a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo». «È un primo grande passo di civiltà – dice – lo dovevamo a Carolina e a tanti prima di lei. Ho un solo rammarico: tutti, politica e società civile, ci siamo mossi tardi, dovevamo farla prima».  

La Ferrara in un’intervista a La Stampa ha detto che le cose cambieranno con la legge in modo concreto. Ad esempio se il “pomeriggio del 19 giugno un quindicenne trovi sulla sua pagina Facebook un insulto di carattere omofobo. In passato la strada era quella della denuncia, a cura del genitore, alla polizia postale con tempi inevitabilmente lunghi per la rimozione del contenuto. Con l’entrata in vigore della legge, invece, il minore stesso potrà inviare un messaggio a Facebook - mediante un apposito canale - in cui segnala direttamente il contenuto, copiando il link, e chiedendo al social media la rimozione. Se entro le ventiquattro ore successive non vi è stata alcuna comunicazione da parte del responsabile ed entro le quarantotto ore non abbia provveduto o non sia possibile individuare il gestore del sito internet o del social, l’interessato può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, il quale provvede entro quarantotto ore alla rimozione. Ora, è evidente che il Tavolo permanente interministeriale, previsto dalla legge, dovrà vigilare sulle modalità di segnalazione: dovranno essere semplici in modo che qualunque ragazzo le possa utilizzare”.

 E ancora:

 “Nella maggior parte dei casi questi gesti sono commessi banalmente per acquisire una notorietà digitale, per la visibilità, per aver più “mi piace” rispondendo ad un bisogno identitario di autoaffermazione. Nei ragazzi si sono sempre osservati atteggiamenti di tipo prevaricatorio, tuttavia la rete, amplificando queste condotte, ci pone di fronte ad un nuovo fenomeno che poggia il suo triste successo sulla mediazione dello schermo e sull’illusione dell’anonimato. L’autore di questi comportamenti, spesso troppo precocemente esposto ad un utilizzo inconsapevole del mezzo, non matura la percezione critica del suo operato, non respira la sofferenza della vittima. Ecco perché diviene sempre più importante l’azione educativa della scuola e della famiglia”.  


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